Mentre annaffiavo le teste di Anita, Mario e Alfredo (le teste originali avrebbero bisogno di una potatura, ma di questi tempi pare che il mondo dei giovani vada scrutato attraverso un muro di capelli che pende oltre la punta del naso), la mia attenzione, dallo sguardo fisso verso un inesorabile orizzonte d’autunno oltre la tenda, si era spostata verso quello che credevo un ciuffo di zampe di un ragno appollaiato sul ricamo. Non mi danno particolare fastidio i ragni domestici con le zampette lunghe, perché non c’è modo di convincerli a traslocare e, siccome hanno un’indole riservata e quieta, allora abbiamo steso una lista di regole per convivere pacificamente, ma pareva che lui ne stesse trasgredendo un paio e quindi mi ero voltata per dargli un’occhiataccia risolutrice. Ma il controluce mi aveva ingannato. Il ciuffo di peli era un ciuffo di fili in decomposizione: la mia foglietta a punto mosca era esplosa! Sulle prime avevo pensato ai punti fermati male, ma l’esplosione evidenziava la rottura regolare dei fili e non uno sfilacciamento. Avevo pensato a un insettino mangia fili, ma la teoria non mi convinceva. Avevo scrutato il ricamo dell’una e dell’altra tenda, trovando altre foglie smangiucchiate. Avevo dunque ricordato che le tende risentono dell’usura di luce e calore e che forse queste, dopo tanti anni di servizio, stavano cominciando ad avanzare i diritti della pensione. Poi però mi ero accorta che… Solo le foglie di un unico colore stavano, all’unisono, perdendo letteralmente i pezzi! E allora mi è tornata alla mente una leggenda che circola poco (a me l’aveva raccontata una persona e io avevo ascoltato con un sorrisetto forzato e dubbioso) che i filati (forse quelli moderni, avevo aggiunto io), hanno una data di scadenza. Cioè parrebbe che ad un certo punto, all’improvviso, la fibra degeneri. Boom! Così, di colpo. Come un terremoto, un’eruzione vulcanica, un’esplosione. Avevo avuto solo un’esperienza, che mi aveva messo in allarme: rovistando in una vecchia scatola di filati da cucito, avevo trovato un rocchetto che aveva i fili a ciuffi, come se qualcuno avesse fatto un taglio, con una lama, di traverso e per le lunghe. Ma quello era un rocchetto che avevo comprato in una bancarella del mercato e avevo fatto spallucce. Ora… Io non pretendo che i miei ricami godano dell’eternità di quel monogramma di forse 5000 anni che ho visto al Museo Egizio di Torino, ma questa mattina un brivido mi è corso lungo la schiena. Spero di arrivare a dimostrare, prima o poi, che si sta evolvendo una specie di insetto che erode i fili, scegliendo dal menù della cartella colori solo prelibate nuance. Mi sentirei davvero più tranquilla.