Eretto innanzi a me, nel suo lugubre mantello, lo spirito del futuro non fiatava. Né avrebbe emesso parola, per ora, e lo sapevo.
Mi feci dunque condurre dove egli sapeva.
Mi trovai in un bosco di abeti. Camminavo sulla neve a passi pesanti, avvolta in un mantello blu. Non avevo paura e non avevo freddo. Scorgevo da lontano alcune case, le cui finestre brillavano. Più cercavo di avvicinarmi, più si allontanavano. Più si allontanavano, più mi sentivo inesorabilmente sola. Diventavo foresta. E lago.
Lo spirito prese a raccontare:
Un bambino che vive in cima a una collina vede ogni sera, sulla cima di un’altra collina di fronte alla sua, una casa con i vetri tutti d’oro e pensa: “Quando sarò più grande, farò fagotto, partirò il mattino presto e forse verso sera arriverò alla casa dai vetri d’oro e allora sì… Ma adesso sono troppo gracile per quel lungo cammino, aspetterò di crescere”. E passano gli anni e il bambino non smette mai di adorare da lontano la casa dai vetri d’oro e un bel giorno sente di essere abbastanza grande da poter partire. E cammina, cammina, cammina, suda sette camicie, le suole delle sue scarpe si fanno sottili come neve, la sua giacchetta si strappa, ma ecco che alle prime ombre della sera raggiunge la casa e… è una casa come tutte le altre, i vetri perfettamente trasparenti e incolori. Il bambino esausto e disperato sta per lasciarsi cadere a terra, quando, come per caso, si gira verso la sua casa lontana: i vetri sono tutti d’oro [Chandra Livia Candiani (2018), Il silenzio è cosa viva, pag.9, Giulio Einaudi Editore].
Mi voltai, dunque, e presi la strada del ritorno.
Ma calcolai di percorrere un giro ad anello, per non seguire gli stessi sentieri dell’andata e la stessa compagnia. Avrei nutrito l’entusiasmo di allora: quello che arresta il tuo passo e ti invita a contemplare il riflesso oro della luna sul lago. Avrei accettato di dedicarmi a ciò che so fare, per quanto poco o piccolo sia.
Per quanto poco possano gli altri credere che valga.
Per quanto poco possa io credere che valga.
Avrei messo a disposizione i miei piccoli successi e mi sarei dunque forse sentita utile, evitando di vagare nella neve sola e senza meta. Avrei poi respirato qualche secondo in più prima di dare una risposta e mi sarei concessa qualche giorno di vacanza, senza pensieri. Avrei nutrito connessioni.
Quando la ciurma si svegliò annunciai che avevo prenotato le vacanze di Natale sulla neve.
Nessuno ci credette.
Così infine chiesi al Max di farlo al posto mio.
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