Post dedicato ai naviganti stufi di sentirmi blaterare come fossi in terapia. Cercherò oggi di essere un po’ più pratica.
La filza è il punto più banale del mondo. 
Eseguirla regolare e provare soddisfazione mentre la si esegue è d’altronde cosa rara. La filza è stupida e noiosa. Non ci illude di avere mani sapienti. Ci mette in discussione. Ma ci tocca ricamarla per quella sua leggerezza simpatica.
Il punto stuoia mi fa lo stesso effetto della filza, eppure lo ritengo più degno di attenzione, non fosse altro perché ci permette di ricamare un pieno. 
E poi brilla… 
Oh! Se brilla!
La filza mi limito a guardarla da lontano sfocando lo sguardo, per accettarla… 
Proprio non mi va di perderci tempo. 
Lo stuoia uguale. 
Mentre lo lavoro c’è un che di sporco, sfibrato e irregolare che mi smuove istinti omicidi. 
Ci litigo. 
Quando torno però facciamo sempre pace, a meno che la lampada non rifletta nel modo sbagliato.
Le funeree linee nere che fanno sprofondare gli arabeschi nella stoffa, con l’avanzare dello sfondo blu salgono in superficie e prendono vita. Le porzioncine di stoffa racchiuse tra le linee, pur essendo fisicamente sottomesse, si proiettano con prepotenza verso l’alto, sfidando lo sfondo. 
Bellissimo.
Purtroppo per metà questo striscione è ricamato maluccio. 
Dovevo correre. 
Vi sembrerà forse grande, a causa degli inganni degli schermi, ma in larghezza il motivo principale misura 15 cm. Una piccolezza. 
Tanto per darvi un po’ di numeri, ho fatto fuori 5 matassine di DMC 322 a due capi per lo sfondo e la bellezza di circa 25 ore per ricamare tutto lo stuoia (due moduli principali, più i sei rettangolini centrali). Purtroppo non avevo conteggiato l’erba.

La metà malvagia, più che dalla fretta è stata dominata dall’improvvisazione. Andavo un po’ a naso e, nonostante il mio naso non sia certo trascurabile, l’insoddisfazione era palpabile. Nell’ira di quei giorni ho strillato ai bambini più che mai, con l’evidente vantaggio di ottenere le camere in ordine.
Non tutto il male viene per nuocere.
Più le ore passavano e più la fretta alterava la mia attenzione, più gli intervalli tra i lunghi fili tirati si facevano evidenti.
Riuscii a farmi sistemare anche il salotto ed aspirare il tappeto.
Infine mi obbligai a pensare con un bicchiere di acqua e ghiaccio tra le mani e forse forse una piccola regoletta mi è saltata fuori. Non sto a illustrarvela troppo perché va ancora raffinata, ma, in sostanza, sembrerebbe essere una buona idea allungare bene il punto di fermatura, portandolo alla misura dei piccoli intervalli che si ripeteranno lungo il filo, cosicché, al giro seguente, i punti si incastrino perfettamente negli spazi vuoti del precedente giro. 
Se non altro, avere una regola non fa perdere la mano al sopraggiungere della stanchezza e si ricama un po’ più rilassati. 
Il problema è che adesso ho la casa che è un disastro.