LA C di Cesarina, mia coordinatrice nautica

Da un anno percorro ogni mattina un lungo tratto di spiaggia, tra le quattro mura della mia Casa Estrema.
Mi sono persa più e più volte.
Ho perso il conto delle tempeste di rabbia e delle settimane perse a fare e disfare.
Per ogni conchiglia raccolta, ore perse di pulizia e rifinitura.
E il viaggio della perdizione è solo iniziato.
L’idea originale, maturata esattamente un anno fa, era la costruzione di iniziali piene di conchiglie, come quelle piene di fiori.
In breve tempo ero affogata nella melma della difficoltà: da una parte l’alta laboriosità delle conchiglie, così imbottite (o dettagliate), dall’altra la problematica del colore. 
Sì…
Perché se fai una bella composizione di conchiglie, non ti esce dalle dita quella blu poesia del mare.
Sulle prime avevo trovato geniale l’idea di colorare le conchiglie di blu.

Ma fu subito evidente l’assenza di genialità di un pensiero frettoloso, basato su presupposti sbagliati.
Cioè…
Vabbè…
Si può fare…
Ma insomma, non mi piaceva.
Dovetti prendere il largo e tornare sulla terraferma, tra i papaveri e il grano. 
C’era un’idea da covare e un labirinto di schemi fissi consolidati negli ultimi anni, da cui emergere.
Cosa mi ha salvato?
Un alfabeto antico, che sono riuscita a guardare con occhi diversi.
Una giornata persa a scarabocchiare gabbiani su una pagina di quaderno.
La torre panoramica da cui guardare il mare dall’alto.
Ma vi racconterò più nel dettaglio, perché adesso ho ripreso le mie passeggiate sulla spiaggia e finalmente il passo si fa un po’ più spedito.