Quando ero molto molto giovane, odiavo i soggetti floreali.
Rimandavo il ricamo finché non trovavo il motivo giusto (allora era il punto croce a dominare) e sbuffavo perché era raro trovare qualcosa di sufficientemente entusiasmante e alla mia portata. Mi affascinavano le opere immani di Rakam, ma avevo sufficiente giudizio per non disegnare una tovaglia da dodici. Comunque, ero troppo esigente.
Ora mi viene da ridere, e scuoto la testa, a ricordare questa goffa bambina un po’ sconclusionata e trafficona. Eppure, immaginando di potermi materializzare accanto a lei, in un improbabile viaggio nel tempo, mi viene da lasciarla fare. Non mi escono sagge parole da sussurrarle. Solo le imporrei di terminare quello che ha iniziato.
Lo stile di quest’alfabeto è quello pre-Patrizia: minuzioso e un po’ delicato, meno sfacciato dei soggetti di rose e ghiande, di cui però amo il poter essere facilmente ammirate da lontano.
Questi ricami pretendono un’attenzione ravvicinata, ma che regalano a chi ricama il piacere intimo del dettaglio. E forse non è un caso: è ciò di cui si nutre l’attesa.
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