Gli acquazzoni bui e noiosi di questi giorni hanno strapazzato il bianco tappeto e cacciato le grigi coltri dal cielo, squarciandolo con brutale e spettacolare violenza. 
La neve superstite, magnanima, si sta lasciando liquefare dai raggi tiepidi che finalmente vedo filtrare dalle fronde del calicanto in fiore, l’autentico strillone di Primavera. 
Puntuali come le rondini che iniziano a solcare i cieli, danzando scomposte ed entusiaste sulle correnti d’aria ancora gelide, vi scorgo in massa marciare risolute verso l’alto cristallino ingresso. 
Vi congratulate con Alfredo, che ha furbescamente marchiato il vetro con l’impronta di entrambe le mani e spedite frettolose figli e nipoti nella radura, tutti equipaggiati alla stregua di Peppa (Pig) ed eccitati al proposito di rotolarsi nel fango, dando possibilmente il peggio di sé.
Mario conduce le giubbe blu delle Elementari, Alfredo le mantelline rosse dell’Asilo. 
Osservandoli marciare verso i torbidi oceani, sorrido ansiosa al ricordo delle candide palle di neve…
Anita & Co., dopo essersi scambiate strilli di approvazione alla vista delle nuove fiammanti e profumate Convers dai fiori hawaiani, e aver sollevato il capo a guardare fuori, e poi di nuovo giù lentamente le scarpe, hanno al volo concordato di sbracarsi sul solito divanetto bianco per commentare il freddo di fuori dal caldo di dentro, rosicchiando fragranti ciambelline alla vaniglia.
La delegazione di Biella, preoccupata, mi chiede che fine abbia fatto Orso e io, stando al gioco, faccio finta di non vederlo sgattaiolare sotto i tavoli, con la salopette ricolma di quelle stesse ciambelline che, in men che non si dica, si sono evaporizzate tra i tavoli fumanti di thè al gelsomino e gugliate di Coloris 4508.
Avete fatto crescere i rami a punto erba sulle vostre tele e siete impazienti di colorare quel marrone così spento e triste. 
Serpeggiano ansia e preoccupazione all’idea di usare un mulinè sfumato. 
Chiedo incredula… Perchè?! e apprendo che la vicina di casa della zia paterna della cugina della vostra amica vi ha raccontato quanto sia terribilmente difficile. Pare anche che, dopo averlo comunicato su Fb con una faccina lacrimosa, tutta la penisola ci abbia creduto.
Il dubbio mi assale, perchè ci vuole troooppa forza per sfuggire alle trappole delle rete… 
Poi sollevo le spalle come fa Alfredo quando gli ordino di andare a lavarsi i denti e suggerisco di non badare all’ansia: basterà non piegare il filo in due. 
Tagliate una gugliata di 45 cm circa, affiancate due fili, rispettando la medesima sequenza di colore, e dimenticatevi di avere in mano uno sfumato.
Partiamo con dei rilassanti punti lanciati. 
La musica New Age che sgorga dallo stereo agevolerebbe il rilassamento, ma il rumore di fondo è troppo alto. 
L’anima gemella di Anita capisce al volo e caccia un urlo che ammutolisce tutte.
Iniziamo a ricamare.
I rami a sinistra evocano le fronde della Forsitzia, i cui fiori sono evidenziati con dei piccoli tratti. Usciamo con l’ago sul dritto dove essi compaiono sul ramo e semplicemente portiamo l’ago al termine più esterno del tratto, senza preoccuparci di saltare sopra al ramo e abbondando, piuttosto che risparmiando.

L’enorme vantaggio degli sfumati è che, a mano a mano che si procede con i fiori, il filo muterà e sullo stesso ramo fioriranno boccioli più chiari e più scuri, che renderanno il ramo interessante, donandogli anche una certa tridimensionalità.
No! Nel procedere col ricamo, non dobbiamo affidarci al campione fotografato sulla brochure! L’obiettivo non è ottenere la stessa sequenza dell’immagine.
Iniziate come vi capita, con il primo colore della gugliata che vi trovate in mano. Vi assicuro che la resa finale sarà assolutamente la stessa, nonostante l’originalità del vostro pezzo.
Certo ora inizia la nostra prima grande sfida: il temibile nodino terribile.
Da ricamare là dove vediamo il puntino, aggiungendone quanti ne vorrete.
Chiamo Anita in soccorso, perchè mi chiedono qualche foto ricordo del punto, e annodare e fotografare contemporaneamente si può fare solo lanciando in aria in lavoro, augurandosi che l’ago entri dove deve entrare, oppure governandolo con facoltà extrasensoriali che purtroppo non possiedo.
Dunque lasciatevi guidare dalle lisce manine della mia modella…

Esco sul dritto nel punto in cui dobbiamo piazzare il nostro nodino e tengo, con la mano sinistra, il filo in tensione. Appoggio l’ago sul filo e carico tre avvolgimenti. L’indice della mano destra, se tenuto opportunamente sulla punta dell’ago, aiuterà a non perdere gli avvolgimenti e, di conseguenza, a non peccare di parolaccia.

Porto la punta dell’ago in prossimità di dove esce il filo dalla stoffa (un filo o due a fianco) e, con la mano sinistra, stringo il nodo tirando il filo e lo porto sulla stoffa, facendo scorrere il filo sempre in tensione verso la stoffa stessa… Con tutta la violenza che volete. 
Se non portate il nodo sulla stoffa, si formerà in aria e non sulla tela.
Dovrete disfare. 
Dis-fa-re…
Tiro l’ago sul rovescio ed esco per un nuovo nodo…
O per una nuova parolaccia.

Ecco.
Come previsto, il fango è salito dalle ginocchia alla punta dei capelli. Dobbiamo proprio andare a dare una spazzolata ai pargoli.
Vi sembra di aver fatto poco?! Sospetto che qualche nodino vi farà disperare, quindi diamoci un po’ di tempo!
Tanto, entro un paio di giorni, faremo fiorire i rami di pesco.
E non escludo che quel pesco all’orizzonte si attivi per aiutarci nell’impresa…
A prestissimo!
Si…
A giovedì!