Ho resistito a lungo, agli esordi del blog, ad iscrivermi a Facebook.

L’ho fatto poi per comunicare con le mie sorelle e i nostri post allora si riducevano alla condivisione di esilaranti video su bambini maldestri, articoli sulle pessime madri per il gusto di taggarci e trailer di remake di film vecchi e nostalgici. Una ristretta cerchia di amici e conoscenti a cui chiedere se da quelle parti piove.
A giorni alterni mi chiedevo se chiudere il blog o promuoverlo. 
In un giorno pari decisi di collegare il blog a Fb e a dare un cognome alla vaga elisabettaricami scritto tutto attaccato e minuscoloSulla mia incapacità di trovare nomi originali dovremmo scrivere un post. Anita è molto brava invece, ma allora aveva solo tre anni e il massimo che fu capace di produrre fu battezzare il suo peluche Ciccia Matta.
Da quello strano giorno la mia ristretta cerchia di amici e parenti è scomparsa dalla mia bacheca, sommersa da pezze ricamate in ogni parte del mondo. Fb è diventato comunicazione e Google Translator il mio tasto destro. 
Divertente e straordinario. 
Scorro quotidianamente un cumulo variegato di post e silenziosamente rido, piango e impreco a causa di essi. 
A me piacciono i post che mi fanno ridere e quelli pieni di poesia. 
Ma la poesia vera e propria io non la capisco. E’ un linguaggio alieno che neanche Google Translator riesce a farmi intendere. Dunque impropriamente forse chiamo poesia quella capace di farti rallentare per un attimo il dito sulla rotella del mouse, inclinare la testa come per scrutarla o leggerla meglio, avvicinarti al monitor per cercare un contatto e paralizzarti per pochi secondi eterni in quello stato di illuminazione in cui sembra di essere venuti finalmente a capo di tutto o, al contrario, di sentirsi perduti nel mistero. Non solo parole e frasi, ma anche immagini, e video.
Poi, certo, spalo anche una gran montagna di spazzatura.
Condividi tu che condivido io, mi imbatto un giorno nei lavori di Patrizia Silingardi di Homebazipat e sento la mia rotella del mouse rallentare. Scruto un profilo ibrido che mi incuriosisce. 
Ora ricama, ora dipinge. 
La pioggia di foglioline verdi leggere mi evoca fresche passeggiate in riva ad un lago e il nome mi si fissa nella memoria. E io sono una di quelle che numeri e nomi proprio non li tengo (e ho anche il coraggio di sgridare Anita per lo stesso deficit genetico…).
In uno dei miei corsi chiedo se il portaoggetti dipinto è di Patrizia e mi confermano che Sì, lo è! La conosci? No, l’ho vista su Fb.
Scopro che ad Abilmente ottobre c’è, dirimpettaia della mitica Laura Tremolada. Mi fiondo da quelle parti per salutare Laura e prendere in giro invidiosa le sue imprese titaniche di allestimento e per conoscere Patrizia. Per insondabili associazioni mentali che si giustificherebbero solo scavando in terapia la mia infanzia, mi attendo un donnone mascolino piuttosto attempato.
Patrizia non offenderti, ti prego! 
A me hanno detto che mi immaginavano come una vecchietta esile con la gobba, lo scialletto e le perle…
Te la scopro, ridendo tra me e me di me, decisamente femminile, giovanile e… Scattante. 
Entusiastica e frizzante. 
Senza saperlo eravamo grandi amiche su Fb e ci conoscevamo già alla grande. Probabilmente eravamo già anche state al cinema e a ballare insieme.
In un fiume di parole, con i minuti contati per l’imminente apertura della fiera, diventiamo grandi amiche anche nella realtà. Tanto che lei mi regala una bella striscia da tavola dipinta nello struggente addio della domenica sera. 
Adesso che ci penso, io neanche le avevo offerto un caffè.

Con questo regalo si è innescata una relazione magica, che vorrei raccontarvi piano piano attraverso i prossimi post.

Tutto nacque dalla voglia di ricamare sopra alla pioggia di foglioline, con un misto di reverente imbarazzo e incandescente opportunità di correre su vie già tracciate
E quando ti ci butti senza pensare, a volte percorri strade consuete e ovvie. Questo primo approccio superficiale mi portò a ricamare piccoli fiorellini alle intersezioni di alcuni rami. Un po’ per sperimentare questa variante del punto vapore, un po’ con quella soddisfazione, che ogni tanto ci vuole, di sapere che me la sarei cavata in poco tempo.
Avendoci messo davvero poco tempo e avendo provato un gran piacere all’illusione di ricamare in riva a quel lago, mandai un imperioso Wapp alla Patrizia dicendole che sarei stata a Modena di lì a breve e che mi facesse trovare pronto uno gnocco fritto.
Vi racconterò nel prossimo post di come riuscii a scroccare cena e caffè. 
Ci avete ragione… Almeno questa volta avrei dovuto offrirlo io.