Panchina del Centro Commerciale
Sotto lo sguardo preoccupato del fruttivendolo
9 aprile 2018

Nel corso delle tristi storie accediamo a facoltà superiori. 
La non troppo, in fondo, terribile storia con l’oro, portò i miei livelli di pigrizia e praticità alle stelle.
Su due poco dignitosi presupposti nacque una simpatica idea:
1- Perché fare tutta questa fatica a cercare un filato oro?
2- Perché affrontare una cospicua spesa per comprare un filato oro?
I due perché ovviamente ci sono, ma il momento di frustrazione fu propizio e portò a questa ulteriore domanda:
3- Perché non utilizzare i finti ori e provare qualcosa di più semplice?
La vera complicazione del filato oro (vero) è che va posato.
Non ci si può infilare una cruna e ricamare.
Immaginate di ricamare con il fil di ferro (non è proprio così, ma insomma bisogna limitare i passaggi attraverso la stoffa).
Il ricamo in oro ha i suoi metodi e i suoi tempi e la sua secolare tradizione.
Ma… Se io prendo un filato dorato (tipo Diamant DMC), progettato per essere ricamato ad ago e lo tratto come un filato oro, appuntandolo con un sottile filo di poliestere…? 
Lo provai per la prima volta sulla mia divisa di Abilmente, ottobre dello scorso anno. 
Non so se qualcuno ci fece caso…

Magia brillante!

Esco sul dritto con il mio filo oro all’inizio della linea, dopo averlo fermato (tanto è previsto che lo si possa fare!), lo appunto con il poliestere e ogni tanto tiro l’oro per assecondare bene le curve del disegno. Quando trovo una punta entro e riesco sulla stoffa come mi pare.
Risultato:
– Riesco a far brillare piccole scritte
– Evito i classici crostoni da filato metallico
– Lavoro con facilità (più ancora che con punto indietro o punto erba)
– Rendo le curve più naturali
– Non cado in depressione
Progettai questo pannello per un corso di una giornata, pensato per raccontare i miei decennali errori, che mi hanno portato a migliorare la resa e la leggibilità, non facile, delle scritte ricamate.
Quando poi mi trovai tra le mani il campionario, scoprii che ben si adattava ad uno di quei progetti lasciati da tempo in sospeso.
Ho almeno una decina di libri di cartonaggio destinati al tessile. Tutti bellissimi. Tutti spaventosi. L’idea della colla che ti aggredisce e che scivola insidiosa dalle dite sulla stoffa e sui capelli e che lentamente, come il topo in trappola, ti lega indissolubilmente al tavolo, contorta, mentre invochi aiuto ma non c’è nessuno, mi ha sempre bloccata. 
Anche perché tre indelebili macchie di colla su uno dei più bei lavoretti che io abbia mai fatto mi ha segnato per sempre. 
Non vi ho mai postato la foto delle macchie. 
So che è disonesto, ma mi avrebbe fatto soffrire troppo.
Comunque… 
Ti succede un giorno che dalla lontana Taiwan si innesca una simpatica conversazione su messenger e che ti scopro che sto chattando con l’autrice di alcuni libri di cartonaggio (tra cui il protagonista di questo post, Mes cartonnage decoratifs di Sophie Liu) . Li acquisto al suon di un rapido click e trovo il più accessibile dei tutorial sul tema, che usa come esempio costruttivo una scatola delle dimensioni adatte. Scaccio la sindrome da topo in trappola con l’entusiasmo e mi ci butto, diventando per qualche giorno l’incubo di Sophie.

Grazie Sophie!

Macchie? Certo che sì.
Ma so come riuscirò ad evitarle in futuro!
E per la prima volta… Non ho fatto la fine del topo.