Un po’ di punto pieno dovevo per forza mettercelo.
Avevo immaginato tante cose. 
La più ornamentale, un decoro agli angoli invadente gli spazi liberi. Con magari delle piramidine a Punto Umbro sull’orlo.
Ma tutte le cose belle devono finire e in due giorni non sarebbe stato possibile.
Ho scelto di ricamare le mie iniziali, perché in fondo questo lavoro racconta la mia storia. 
Ho mescolato tecniche e dettagli, senza la pretesa che qualcuno segua il modello. Dal punto di vista stilistico probabilmente questi miscugli non hanno senso: lo hanno avuto per me, per riflettere ed evocare certe mie origini, ma agli altri questo racconto spero possa servire come spunto per lavori più snelli e pratici.
Mi sono complicata la vita e purtroppo ho commesso un po’ di errori. Ma quell’intreccio che richiama le onde e l’arabesco… Come resistere?
Mi spiace non aver fotografato il ricamo prima del lavaggio (il sudario di quest’estate esigeva un bagnetto rilassante), perché sarebbe stato interessante far notare l’evoluzione degli errori, prima invisibili. In sostanza, ho fatto esattamente l’opposto di quello che raccomando sempre di non fare: ho caricato troppi punti in alcune intersezioni, con il risultato della distorsione di alcuni rami. Tanto per fare bella figura, potevo lavarlo prima e ricamarlo poi… Ma così è più istruttivo, giusto?!
Le intersezioni sono così tante che sconsiglio vivamente queste iniziali ai principianti. 
Però sono talmente belle che vi segnalo il libretto. Magari ricamandole a punto palestrina o con altro genere di ricamo vi venga in mente, i disegni potrebbero risultarvi utili.
Ho trovato questa splendida pubblicazione sull’Internet Archive. 

Come raramente accade, sono contemplati tutti gli intrecci e vi suggerisco di seguire l’ipnotico ordine sotto-sopra dei rami che si intersecano, nella loro commovente e mirabile perfetta eleganza.

Io ho scelto di evidenziare la S con il ricamo a tratti blu perché era una di quelle cose che prima o poi avrei voluto fare e che mi riporta alla S di Siena e ai marmi delle colonne e perché in fondo tutta questa mia storia nasce dalla famiglia e non da me. Dagli insegnamenti ricevuti e dall’essere stata trascinata contro la mia pigra volontà (come quella di tutti i bambini) in occasioni culturali che forse allora non capivo, ma che hanno lasciato un’impronta. E scrivo, per quel che vale, che bisogna resistere alla tentazione di pensare che i figli non siano interessati, resistere ai loro capricci e comunicare un interesse. Tutto torna nella vita, anche se prende forma propria e peculiare, diversa dall’intento originario.

Trovare il coraggio di postare il mio obbrobrio ad alta risoluzione è stata dura. 
Fate come me: guardatela sfocando un po’ con gli occhi, così da non percepire le distorsioni.
Potrei vendervela dicendo che l’ho realizzata tutta distorta proprio per evocare quegli antichi lavori vissuti, che sono ceduti col passare dei secoli…
Vabbè.
Qui finisce quella parte della mia storia che ho ricordato accogliendo l’invito al tema Ricamare l’Umbria. Ringrazio le promotrici tutte, perché la riflessione, protrattasi per tutta l’estate, ha spalancato finestre di consapevolezza, generato idee e allontanato da alcuni meccanismi di mercato a cui inconsapevolmente ci facciamo (a volte doverosamente) prendere.
In ultima analisi, non fui io a Ricamare l’Umbria...
Fu l’Umbria, complice la sorella Toscana, con le sue selvagge ispirazioni e con l’offerta del suo mirabile patrimonio artistico e culturale, ad aver ornato la mia infanzia e, di conseguenza, ad aver guidato il mio cammino e influenzato tante mie scelte.
Arrivederci a Valtopina!