Bottone di Laura Piani con decoro a III fuoco di Nadia Tomasetig
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Ho conosciuto Laura Piani al castello di Levizzano, nel corso dell’edizione primaverile dell’anno scorso di Fili Senza Tempo. 

Sono stati i suoi bottoni a veicolare l’incontro. 
Sapete come succede… 
Sei lì che giri un po’ sulle nuvole e poi ti blocchi, in questo caso attratta dal riflesso dello smalto, come quello di una madreperla sulla spiaggia, ma di bottoni in ceramica di rara bellezza, e poi tiri su gli occhi e cogli un altro bagliore, quello di occhi intelligenti.
Capisci le ragioni della infinita pazienza che ha portato ad elaborare pezzi così raffinati, dopo aver osservato la stessa persona subirsi la storia di vita di tua madre a cena, la sera stessa. 
Non è roba da tutti.
Sbancai il banco quel giorno e mi portai a casa un po’ di bottoni.
Nel corso di quest’anno, ogni tanto scartavo la curata confezione, ipotizzandone un uso, ma assecondando i miei tempi biblici di elaborazione.
Poi, come succede, ma non dovrebbe succedere alle persone organizzate che sanno pianificare la loro esistenza, accantonai i doveri, presa da un raptus, e combinai la voglia di provare nuovi colori per i soggetti dell’album In un campo di grano (questo è il disegno di pag. 27), il desiderio di tornare a costruire una scatola, la frenesia di usare il bottone.
Siccome ho processi logici fossilizzati, per me il bottone deve funzionare da bottone. 
Ma mi rendo conto che è solo un mio problema.
Così decisi che il coperchio della scatola avrebbe dovuto essere vincolato ad un lato con una cerniera (per una apertura a ribalta) e venire chiuso dall’altro con un giro di cordoncino, come si fa nei diari di bordo in pelle.
Tagliai di getto un quadrato di stoffa e iniziai il mio viaggio.
Ahimè! Che sprovveduta!
Meglio sarebbe stato progettare, con un po’ più di giudizio, una di quelle scatole fatte a libro… 
Non mi arrabbio. 
Prima o poi imparerò a non essere frettolosa. 
Forse dovrò comprare un altro bottone… 
Eh, eh! Tutto calcolato!

Sulle prime, mi ero immaginata di ricamare i papaveri con un arancio mattone rubato al petto del pettirosso. 
Niente da fare! Il colore più simile era lo stesso già proposto sull’album. 
Che noia! 
Volevo qualcosa di più trasgressivo. 
Così partii dal papavero in azzurro, senza sapere cosa sarebbe poi successo.
Il caso vuole che quell’azzurro che vi sembra di vedere sia in realtà il grigio 414, che evoca l’azzurro, come racconto nel precedente post.
Volevo qualcosa di sobrio, che lasciasse al bottone il protagonismo che merita. Una cornice senza troppi colori.
Così li ridussi drasticamente: tutte le foglie ricamate col DMC 3862, il grano con il 301, i papaveri col 414 e il 415 nei petali più chiari dei boccioli, un filo di 310 per gli stami dei papaveri e un 842 (ma in versione cotone da ricamo n°25 – art 107) per i vari punti vapore e picot a rammendo.
Tessuti Melange e Verde acqua di F.lli Graziano, lino 6262.

Dovessi riuscire ad imparare a servire il the senza rovesciare l’acqua…
Potrò far scegliere agli ospiti la bustina dalla mia nuova scatola…