Il tempo, scandito dalla presenza e assenza delle persone con cui vivi, può scivolare tra le dita se non lo catturi. Lavoravo a quest’ incompiuto nei giorni di una settimana di quelle in cui il telefono è muto e tutti sono fuori casa, ripartita la scuola, a costruirsi una vita altrove. Io rinchiusa in una illusoria libertà ritrovata, che concede pochi passi e impone un incessabile controllo dell’ora, con la testa che riepiloga gli arrivi e le partenze nella nuova routine. 

Si ricomincia continuamente daccapo. 

E vincere il senso di fatica che accompagna la progettazione di nuove abitudini mi fa sospettare di aver fatto una svolta, mica tanto interessante. Settembre mi ha sempre messo un febbrile desiderio di novità. Chiudo questo mio settembre con la pacata quiete triste di chi ha accettato un compromesso, e mi sento crescere la barba bianca.

Forse il libro che tarda ad arrivare, o la rinuncia ad Abilmente. O l’autunno con le sue luci spente. Le complicazioni a muoversi e a organizzare, i corsi in modalità distanziamento. Il tempo per fare, ma una strada nuova da trovare. Un corso a cui mi sono iscritta e in cui mi sento un fuori luogo. Un certo disagio a comunicare.

Così i toni si sono fatti nostalgici e nuovamente mi ritrovo nei colori più cupi, ma vedo sprazzi di luce. E mi consola constatare le ombre esaltano i colori più vivi. Basta aspettare che la brutta nuvola torni a riportare la luce sui colori.