Non so voi, ma questa non me la sarei mai, mai aspettata.
Ho visto la vostra mascella collassare dallo stupore quando la Cesarina, di rosso fuoco vestita, è entrata con tutti quegli appendiabiti scorrevoli carichi di casacche fluttuanti di seta blu e azzurra, con riflessi argento, cuciti dalla Lory per distrarsi dal ricamo del fondale per la maratona di New York,.
Pareva un drago cinese sul pelo dell’acqua, e impartiva ordini come sputasse fuoco, con la Fulvia che le abbaiava tra le gambe ipereccitata. 
C’era un’urgenza che non ci tornava. 
Tornava evidentemente alla Vale, che aveva iniziato a distribuire il cestino del pranzo in scatole rosse fatte a casetta, dal cui camino il fumo odorava di tagliatella al ragù d’anatra e finferli. Sorrideva beffarda e complice e smorzava con battutine le domande, ostentando la sua incorruttibilità.
Abbiamo indossato gli abiti, esclamando stupite quanto ci facessero sembrare tutte più alte ed esili, svettanti al cielo. Come rivoli d’acqua che confluiscono ad un unico torrente siamo esplose fuori dalla veranda e ci siamo riunite in processione a raggiungere l’argine. Appena mosse dalla corrente, una lunga fila di barche, protette da vetrate di cristallo, ci attendeva all’approdo.
Fuori l’aria gelida e pungente del primo inverno, dentro il calore del fuoco di un caminetto. Le poltroncine color oro, noi celesti come l’acqua che ci trascinava a valle.
Avevo cominciato a scartare la mia casetta rossa, soddisfatta della mia abilità nello schivare la Cesarina e avevo iniziato a ridacchiare commentando la mia scaltrezza ad alta voce, quando una gomitata tra la terza e la quarta costola sinistra mi aveva bloccato il fiato.
Aho! che fai?! Avevo sbottato alla Michy sollevando lo sguardo. Il gesto secco e smorzato del viso che scatta in una direzione con gli occhi che lo seguono fulminei mi ha fatto sbarrare gli occhi. Ho sentito salire il calore del fuoco dallo stomaco su su fino a farmi esplodere le orecchie. Ho ruotato lentamente la testa e lei era lì, seduta davanti a me.
E mi fissava. Non c’era ombra di istinto materno nei suoi muscoli contratti.
Si era confusa tra le altre cambiandosi d’abito. Nessuno si spiega dove, come e quando.
Ha estratto dalla borsa Il canto di Natale di Dickens e ha iniziato a leggerlo ad alta voce, intimando il silenzio più assoluto.
Con le lacrime agli occhi e il labbro tremante ho scrutato le altre barche.
Su quella della Daniela si accendevano stelle magiche, su quella della Sam si sparavano petardi. Quella della Patrizia era off limits perché la vetrata era già stata tutta dipinta. La Gabry aveva già allestito un reparto di tende per navi e contrattava con un barcaiolo di passaggio. La bimbetta aveva spalancato le vetrate e tirava sassi con la fionda per spaventare le anatre, a cui la Fulvia abbaiava di rimando. Le scrutavo tutte e facevo loro le boccacce, mimando gesti da suicidio. Loro ridevano, io dovevo starmene zitta. La Dany, circondata da un sacco di bella gente sorridente, tipo la Mymo e le Paole, accennava una sgridata facendomi il gesto di quella che doveva iniziare a ricamare.
La scritta 2021…
Il pezzo più difficile. 
Tutto sotto gli occhi della Cesarina.
Filo giallo oro DMC 680 a due fili, punto erba che gira in punti lanciati. 
[Sorry! Lo so! Mi sono dimenticata di scriverlo sulla dispensa! NON DITELE NULLA!]
Di per sé non è tanto difficile. Il problema è farlo sotto osservazione.
Parto con un po’ di punto erba e là dove lo spessore inizia, anziché tornare al punto precedente, lavoro dei punti lanciati che vanno da un profilo all’altro dello spessore, coprendolo tutto.
Tutto procede bene se i punti lanciati rimangono ben inclinati, così da poter tornare a lavorare a punto erba nelle linee, senza salti di direzione improvvisa. I punti saranno ben ravvicinati nelle linee interne, più spaziati in quelle esterne.
Facile a dirsi, occhiatacce a farsi. 
Numeri da disfarsi e da rifarsi, senza sosta.
Non so quanto il viaggio sia durato, ma so che la vegetazione è cambiata, il paesaggio si è fatto più aperto e le vette più lontane. Ho aperto i vetri per buttarmi in acqua e scappare, pena l’assideramento, ma l’orizzonte affollato di gabbiani ha annullato i miei bassi istinti e acceso una febbrile curiosità. Le prime barche hanno già raggiunto la più straordinaria creatura meccanica che io abbia mai avuto modo di vedere e che tra poco avrei toccato e ne sarei stata addirittura inghiottita. Vetro e metallo fusi a foggia di gigantesca balena, dal cui sfiatatoio vi calate ora leggiadre, scivolando ad una a una nel ventre trasparente di quell’incredibile struttura sorretta da possenti costole di metallo.
La Cesarina fissa l’aggeggio con uno sguardo misto a sfida, soddisfazione della meta, aspettative ampiamente ripagate.
Verso la più grande festa di Natale che si sia mai festeggiata sul fondo dell’oceano,
stesso non luogo, stessa non ora.
Parte ottava dello story-tutorial d'auguri, organizzato da Gabriella, Patrizia ed Elisabetta! Ogni martedì e venerdì finché la tela non l'abbiamo ricamata tutta!
Se non hai ancora scaricato il disegno, trovi tutte le istruzioni in questo post di presentazione!
Grazie per essere passato a trovarci,
Elisabetta