Per fine agosto avevamo prenotato il Gran Galà Puccini all’Arena di Verona, sulla scia dell’entusiasmo di Torre del Lago con la Butterfly, che forse ricorderete. Avevamo preso i biglietti della gradinata e per sopravvivere alla seduta di pietra, mi ero caricata in auto un sacco con un paio di cuscini. Uno di questi era quello del seggiolone della cucina, che trattavo con particolare riguardo perché per sbaglio lo avevo comprato e-sat-to. Giunti a destinazione, come si conviene, mi ero del tutto scordata di prendere i cuscini dal bagagliaio. 

Serata memorabile: a metà del concerto qualcuno aveva avuto l’idea brillante di sostituire gli spari omicidi sull’amante della Tosca con lo scoppio inaspettato di mortaretti. Il mio accompagnatore, che soffre di una fobia agli scoppi improvvisi, aveva passato tutto il secondo tempo con le dita sulle orecchie, rannicchiato a spalle contratte. Io contorta dall’imbarazzo al suo fianco, con la fronte appoggiata alla mano. Proprio sulle più nobili e poetiche melodie, che avevano scomodato soprani e tenori d’eccezione. Spero che nessuna telecamera ci abbia ripreso.

Quello che però volevo dire è che il cuscino del seggiolone era poi stato scaricato in garage dal brontofobico e l’indomani portato accidentalmente (?) all’ecocentro.

Sento stridere i vostri denti.

Ancora stridono i miei.

Il seggiolone era bianco e l’ho dipinto di verde… Vi parlerò un giorno di questo mio nuovo antidepressivo, che mi spinge a ridipingere porte e finestre e tutto quello che mi capita a tiro. 

Basta. Morale della favola: ricamerò  e cucirò (ce la farò?) il cuscino per il seggiolone.

Siccome il disegno del cesto era giuuusto giusto, non pesco altre pitture di Patrizia ma continuo con questa, improvvisando però sui colori. Campioncino doveroso, che userò per la scatola, finita anch’essa sotto il pennello.

Ho intenzione di metterci poco, quindi a prestissimo!