Il lancio delle sfide impazza, dopo la fruttuosa provocazione che avevo scagliato contro la Patty e su cui io e non solo io sogno e sogniamo impalpabili tende in bisso e cose varie.

La Gabriella Gabry di Conti e Molinari ci ha fatto recapitare, in groppa a qualche corriere, una tovaglietta confezionata con un misterioso linone, di cui non riesco a carpire i segreti, e, come già vi avevo mostrato nell’ultimo post, io ero corsa a disegnare rami rubati dagli ordinati (…) dipinti della Patty, distribuendoli fluidi sui bordi, con la logica dell’improvvisazione, a me del tutto estranea.

Ricordo che ero preoccupata del risultato finale, mentre camminavo lungo l’argine dell’Alpone, che è la mia fuga dai malumori domestici, dagli strilli dei bambini, da quelle tristezze che inspiegabilmente o a ragione attanagliano talvolta una certa zona sotto le costole. Se vinco la resistenza, la pigrizia e la convincente scusa di non avere tempo, raggiungo in pochi minuti la sponda destra del corso d’acqua e lentamente, ma percettibilmente, la morsa si allenta. Scemano i rumori, si allarga la vista su cielo, campagna e prealpi; l’acqua scorre a prescindere dai miei malumori, gli uccelletti svolazzano incuranti. E tutto si ridimensiona.

Dunque camminando riflettevo sulla mia audacia in un riporto così sconsiderato, finché il mio sguardo non si è posato sulle erbe spontanee sopravvissute alla recente falciatura per la vicinanza a pali, tronchi d’albero, sostegni per le viti, zone intricate tra gli olmi: sgangherate, coloratissime, disordinate… Bellissime. Ho cercato di capire dove stesse l’equilibrio in quella composizione. Non una foglia fuori posto. Non un’erbaccia che avrei strappato per migliorare l’inquadratura. Avrei eliminato quel blocchetto di cemento, quelle assi coi chiodi e la sedia squarciata. Nient’altro. 

Curve sinuose che puntano al cielo, posate senza righello. E mi affiora il pensiero che imparando a sentire, si possa evitare di cadere in errore.

Ed è questo, forse, il segreto di Patrizia. 

Mi racconta che deve isolarsi nel suo studio per non avere distrazioni. Deve annullare i pensieri e , io credo, connettersi a quell’io profondo, che dimentichiamo di indagare, e che forse è lo stesso che guida la mano che impugna il pennello e il percorso del seme attraverso la terra.

Avrò ancora una settimana per percorrere tutto l’orlo della tovaglietta e nuovi fiori spuntano, in attesa di farsi colorare. Poi forse dovrò fare una pausa mare e quasi quasi mi viene una certa idea…