Ricamare il mare mi ha regalato un metodo di lavoro… Imperfetto, improvvisato, divertente: scelgo un tema e lascio che invada la mia vita quotidiana, mentre navigo in rete, leggo libri, visito qualche mostra o evento, lasciando che la mente vaghi e ritorni, evocando soluzioni, portando ispirazioni. 

Non è l’approccio dello studioso. 

Non lo sono (purtroppo o per fortuna o per necessità). Rifuggo i cenni storici (credo sia una sorta di fobia scolastica), anche se poi magari alla fine qualche informazione utile vado a cercarla. Non miro a compilare trattati. Non conosco così a fondo la letteratura per sfoggiare repentina fonti autorevoli e forse mi interessa solo in parte cercarle. Improvviso e lascio al caso. 

Se state scuotendo la testa, fate bene. Un giorno, lo prometto, crescerò anch’io.

Digito ad esempio libri + rose e guardo le copertine, leggo qualche recensione. Mi faccio un’idea di cosa c’è e scelgo a sentimento. A volte prendo delle cantonate atomiche, come il primo romanzo prenotato in biblioteca. Una sconfinata banalità, una sola rosa raccolta. Anche il secondo, poveretto, non è decollato. Charlotte Bronte ne avrebbe fatto un capolavoro, ma sarebbe stato troppo simile a quello che già circola. Per fortuna l’ho ascoltato in audio, così almeno ho ricamato. C’era qualche rosa in più, ma se fossero state petunie non sarebbe cambiato niente.

Non è vero.

Al di là degli espedienti commerciali nella scelta di un titolo (o della loro traduzione – esperti di marketing datevi all’ippica), ho fatto caso a due grandi temi coinvolgenti le rose (tomi da due quintali di potatura e dizionari da tre di specie a parte): libri sulla passione, con copertine rosso fuoco (li ho scartati: sono allo stesso tempo troppo piccola e troppo vecchia per certe cose) e libri nostalgici. Mi ha attratto e incuriosito quest’ultima categoria, dove le rose fanno da sfondo a storie di lutto e rinascita, memoria. Un po’ come la rosa di via Sorte. Probabilmente è un fiore simbolo, a cui associamo immagini.

Ho divagato come al solito. Il punto è che stavolta ho coinvolto anche Patrizia e sospetto che a breve bloccherà il mio numero.

Volevo in realtà raccontare che, per capire la pittura di Patrizia Silingardi, ho fatto qualche ricerca sull’acquerello giapponese, che riversa su carta la natura in tutta la sua spontaneità e sono finita ad ascoltare un audiolibro sul Feng Shui…Vento e acqua. E poi sul WA e sul concetto dell’armonia in Giappone. E ridacchiavo mentre leggevo che la bellezza zen si basa sul valore dell’incompleto, dell’asimmetrico, dell’imperfetto

Sarebbe il vuoto l’origine di tutto. 

Beh…

Ho preso un suo bel dipinto e l’ho fatto a pezzi, sistemando i frammenti qua e là, senza logica, d’istinto. Senza simmetria, senza predisposizione di un modello.

La trasformazione è in corso…

Mi sto Patriziando.

Lei si sta Elisabettando.

Ieri mi ha mostrato un disegno dicendomi che l’ha scartato perché era troppo a-simmetrico. 

Non si era accorta di averlo detto…

Sulla tovaglietta dirò oltre la settimana prossima, perché ho stufato abbastanza! Grazie a chiunque sia arrivato alla mia ultima riga!