Non spiagge, ma lingue di neve e ghiaccio tra le rocce. 

 

Una salita di sudore dal respiro corto e poi la vista… 

Acqua cristallina dai riflessi volubili, sotto un cielo di nuvole che corrono rapide tra le vette, come mai avevo osservato prima, o più probabilmente come avevo indicato sbracciando da piccola e poi dimenticato. 

Un ruscello sottile che gorgoglia nelle orecchie, se finalmente taci e se si acquieta il bambino con cui viaggi, che deve per forza fare la foto col bastone accorciato, per far finta che l’acqua sia profondissima.

Gli occhi di tutti lucidi di meraviglia.

Acqua nelle sue innumerevoli forme, con una presenza discreta, ovviamente più discreta, di quella della distesa all’orizzonte del mare. Ma sai che è da quelle nuvole che è scesa l’acqua che si è cristallizzata sulle lingue di ghiaccio e che ora alimenta il ruscello, e le tue lacrime. E se tu fossi una goccia, ti ritroveresti al mare, dopo esserti tuffata in torrenti e fiumi e rotolata a valle. Avresti attraversato branchie e saresti stata onda e in un giorno di mare come tutti gli altri, ma non per te, ti saresti staccata lieve dal pelo dell’acqua e ti saresti riconosciuta ora aria e poi nuvola, dando nuovamente origine al viaggio. Ma a me pare di percorrere la via alla rovescia. 

La fontana delle Alpi, in piazza Bra, a Verona, riassume il ciclo eterno dell’acqua, o almeno a me è sempre parso così. Mi si è affacciata alla mente scrivendo, e credo di sapere perché: sinapsi che  recuperano memorie e ritessono storie e che si sforzano di dare un senso, laddove forse un senso non c’è.

Punto pittura, anziché stuoia, per riuscire a riprodurre quei riflessi e catturare una luce più viva. Ho alzato l’orizzonte perché potesse contenere più colore.

Gabbiani trasformati in rapaci… Poco convincenti, purtroppo. Non vi dico i tentativi falliti, la frustrazione. Per ora abbandono l’impresa, ma so che quelle ali torneranno a predarmi la notte finché non avrò trovato una soluzione. Le ho viste danzare una mattina di freddo alla mia prima impresa eroica e da allora sono sotto le palpebre quando chiudo gli occhi.