Dedico questo post ad Anna Rosa, che deve aver colto il momento del bisogno, regalandomi un messaggio fatto di parole, che però in realtà era una pacca sulla spalla, affettuosa quanto gradita. Di quelle in cui poi la schiena si fa meno curva, mentre il sorriso prende una bella piega. Probabilmente ha voluto anche premiare il mio storico ritorno alla scrittura di post di una qualche utilità pratica e allora oggi racconto di queste finiture, un po’ rapidamente però, perché devo ancora finire di fare la valigia per un corso e anche di strillare ai figli, nessuno escluso.

L’orlo a rullino, il mio nemico di sempre, è diventato il mio amante segreto. Me lo sogno la notte e non c’è ricamo in cui io non ipotizzi di invitarlo. Questa volta l’ho fatto, perché mi sentivo più audace, una di quelle sere in cui prendi decisioni d’istinto, pur sapendo che finirà male. Che poi magari non finisce neanche male e solo imprechi qua e là. E infatti ho sudato freddo all’idea di orlare entrambi i quadrati e soprattutto all’ipotesi di dover affrontare otto angoli. Ma sono andati anche quelli, perché un altro problema, nel mentre, si era materializzato all’orizzonte e cioè come diavolo avrei fatto a creare un’apertura richiudibile per l’imbottitura. Scartata la soluzione numero uno, che non sto a raccontare perché finirei per confondere le idee e soprattutto perché scoperchierebbe la mia stupidità ancestrale, faccio notare che quelle asolette visibili in foto null’altro sono che punti vapore con circa un’ottantina di giri.

No, non scherzo.

Non è difficile.

Basta avere l’ago giusto, liscio e scivolevole.

Lo so, scivolevole è una parola che non esiste. Ma so che voi avete capito.

E invece no. Esiste! L’ho trovata!

Tutto il resto… Sono dettagli. E mi piacciono tanto.