Erano seccati tutti i fiori all’improvviso, quest’estate.

Soltanto il mio fido Benjamin aveva retto il colpo: storpio e puntellato, ma rigoglioso (nonostante la spietata potatura di maggio), mi tendeva ramoscelli flessuosi carichi di foglie.

Scopro in questi giorni che la rosa aveva solo messo in scena la sua dipartita. Semplicemente attendeva che un nuovo germoglio di entusiasmo fosse pronto a srotolare fuori dalle gemme dormienti.

Sai aspettare?

So bruciare.
Fino alla braci?
Fino alle braci.
Allora è perfetto.

            Il silenzio è cosa viva, Chandra Livia Candiani

Alla luce che filtra fioca dalla finestra, le nuove foglie hanno un ché di tenero, fragile e precario. Sembrano tremare all’idea che io non riesca a tenere le redini del nuovo equilibrio. 

Le ho promesso la fioritura, anche perché sono curiosa di vedere se il colore dei petali sarà lo stesso. Io intanto ho dato loro una veste in questo pezzo, che vede coinvolti personaggi nuovi e tremendamente interessanti: la Ale che cuce vestiti, e i fili di lana. Ci si potrebbe intitolare un blog.

La Ale mi ha mandato una foto del prossimo vestito in corso, insinuando di voler ricamare i polsini. Lei è troppo giusta, ma i polsini li volevo ricamare io. E siccome il vestito è invernale e siccome anche da un po’ mi frullava… Ho deciso infine di usare le lane bandera per vedere che scena avrebbero fatto. Ho ricalcato stralci dei dipinti della Patty, perché ormai la dipendenza è patologica.

Una scena non particolarmente diversa dal solito, tutto sommato. Eppure c’è un rilievo un po’ più accentuato nelle rose e un non so ché, che mi piace e che mi spiego con la riflessione della luce, meno evidente, più naturale.

Ovviamente sì… 

Moriamo dalla voglia di vedere l’abito finito.