Non sapendo da che parte cominciare, ho deciso di lasciar correre i pensieri. 
Cercare di razionalizzare i colori è un gran casino e lentamente ne sto scoprendo i motivi. 
Vi annoierò molto su questa faccenda nell’anno a venire, perché è un chiodo fisso da tempo, tramutatosi in una pericolosa affascinante dipendenza. 
Dunque attenzione a non farvi coinvolgere troppo! Già sto plagiando alcune signore e, prima o poi, quando avrò un discorso organizzato da esprimere, vi renderò partecipi del nostro percorso di immersione nella dannata e celestiale materia colorata.
Per il momento lancerò, forse più a me stessa che a voi, alcuni quesiti che urgono risposta. Che anticipano in parte cose che ho capito e che lasciano in sospeso dubbi ancora da risolvere o da organizzare.
Come già vi avevo accennato, tra uno strattone ad Alfredo ed uno a Mario che si faceva influenzare e scorazzava senza ritegno nella Basilica di San Vitale, il mio sguardo si posava sui mosaici, conscio della brutale ignoranza interpretativa dei simboli allegorici, ma confortato dall’amabile familiarità delle tinte che dai mosaici brillano là con una particolarissima gentilezza e raffinatezza. Avevo ricamato il campione prima della visita e non fu strano riconoscere nei mosaici gli stessi colori, eppure emozionante. 
La primissima riflessione è legata dunque alla banale ripresa delle tinte dominanti nei ricami.
Sui colori DMC segnalati dalla Scarpellini, avevo realizzato tre campioni per testarne l’effetto sui non colori più diffusi dei lini: bianco, ecrù e grezzo chiaro.

Il più luminoso e attraente l’ultimo azzurro, che lei chiama “color pavone”, che evoca uno degli animali che molto di frequente popolano le volte e ammiccano tra gli architravi.
L’effetto dello sfondo è piuttosto curioso, ma non riesco ad andare oltre al rilevare che alcuni colori appaiono più brillanti su uno degli sfondi. Il pavone, per esempio, sembra dare il meglio di se’ sul fondo grezzo, ma a quanto pare, stando al mio parere e non a quello di altri. E questa componente soggettiva sballa e fa andare fuori di testa, ma ha un suo senso…
Questo gesto, cioè di appoggiare i campionari sulle foto della guida di Ravenna pro photo, mi ha fatto saltare in mente una cosa che feci a suo tempo e cioè il confronto con un ricamo di anni e anni or sono… A punto Assisi.

Prima o poi vi parlerò di questo lavoro. Tante volte vi raccontai che alle origini della mia attività di ricamo partii con il punto Assisi. Per anni accantonai il ricamo e quando ripartii, ripartii, guarda un po’, me ne rammento solo proprio adesso mentre scrivo, con uno studio di colore sull’Assisi. Volevo proprio dargli una forma e chiamarlo Studio assisiano. Se avessi avuto la costanza di oggi e un blog… Lo avrei fatto. Ma allora, ad un certo punto del lavoro, cadevo nello sconforto. E infatti è incompiuto. Questo era il secondo campione, quello con i colori meno usati (e riveste un quaderno ad anelli degli Orsetti del Cuore che usavo a scuola…). I principali (nel primo campione) il noto azzurro polvere, il rosso nobile e il rosso ruggine. 
Impossibile non collegare questi colori alle tovaglie romagnole e a tutti i ricami tradizionali, specialmente di area umbra.
Pausa riflessiva.
A Villa Buri, da qualche anno, spendo tutti i miei piccoli risparmi allo stand di Calimala, che fa dell’ecoprint un’arte e che conquista davvero tutti tutti. In rete ho trovato soltanto il profilo Fb e provo a mettervi il link, ma non so se sia necessario o meno chiederle l’amicizia per accedervi:https://www.facebook.com/people/Calimala-Ecoprint/100004920165477
Le ho acquistato (per essere precisi a lei e a Silvia Corrain) diverse stoffe tinte e molte matassine. Tutte lì ad aspettare e a chiamare a gran voce che io le degni, nonostante ogni tanto passi ad accarezzarle. Insomma ebbi una di quelle rivelazioni che forse si possono riassumere con il detto Hai scoperto l’acqua calda, anche se ancora nessuno e nessun testo mi abbia spiattellato la conferma in faccia.
Per farla breve, accarezzando le mie matassine ebbi la certezza che i colori tradizionali si dovessero ricollegare a quelle poche qualità forse reperibili all’alba della tintura dei filati: l’azzurro con guado o indaco? Il giallo della reseda? Il ruggine dalla robbia?
Accesasi la motivazione, dalla robbia sono partita per questioni sentimentali, che mi evocano un erbario e una breve esperienza fallimentare, anche se non del tutto, di tintura naturale.

Vi lascio ora, ma torno a breve, ripartendo da questa stessa foto. Ciao ciao!