Passavamo le vacanze di Natale, Pasqua e parte di quelle estive a viaggiare tra una regione e l’altra per andare a trovare i nonni. 
Nonostante il viaggio in macchina fosse un po’ noioso, ho ricordi molto divertenti: canzoni da gita, giochetti da auto, conta delle gallerie in un tratto particolarmente abbondante, sgomitate e pizzicotti tra noi quattro stipati sul sedile posteriore. 
Sapore di vacanza. 
Ogni viaggio una tappa diversa per visitare qualcosa di interessante, grandi feste con i cugini e lo spettacolo di tutto quel marasma di zii e cugini grandi che si accapigliavano in discussioni religiose e politiche. 
Tempi andati.
Più di rado andavamo dalla zia di Arezzo, di cui ho ricordi mitici. 
Abitava sopra alla stazione ferroviaria e che ad ogni treno la casa si scuotesse già era una gran cosa. Ma più di tutto c’era che la stanza in cui dormivamo noi dava su una terrazza e che dalla finestra… Si poteva saltare sulla terrazza. Cosa avremmo potuto desiderare di più?!
Eravamo spesso ad Arezzo in occasione del Saracino. Quattro erano le contrade, quattro noi. Ci eravamo scelti ciascuno una bandiera (io avevo quella di Porta S.Andrea, con croce bianca su sfondo verde) e facevamo gli sbandieratori nel cortile del palazzo della zia.
Se mi chiedeste quali sono le prime cose che mi vengono in mente alla parola Arezzo, vi direi la Chimera, il crocefisso del Cimabue e le salsicce. E la fontana di non ricordo quale piazza, che se tappi con le dita i buchi di qualche zampillo, gli altri schizzano più alti.
Andavo ancora alle Elementari quando, con tappa ad Arezzo, andammo a visitare Assisi.
Della città non ricordo molto. Ho delle immagini che la mente deve aver rielaborato e romanzato. E’ tutta azzurra e impregnata di ricamo: i piccoli negozi sovraccarichi, le signore sui gradini a ricamare. Chissà! Magari ne ho viste solo un paio e poi la mente le ha collocate ovunque. Sta di fatto che la cosa deve avermi affascinato al punto da diventare manifesta. Mia mamma mi portò in una merceria e mi acquistò una striscia di lino Assisi, il libretto di Alida Becchetti e Silvana Toppetti, Punto Assisi, (Editrice Minerva) e una matassa di Ritorto Fiorentino. Non vedo l’ora di essere a Valtopina per chiedere alle esperte dell’Assisi per quale motivo mi fu venduto un blu scuro, anziché l’azzurro tipico. Non gliel’ho mai perdonata, a quella signora della merceria.
…E invece sì. Forse l’impulso all’indagine è arrivato proprio grazie ad un fondo di magazzino da svendere, oppure ad un colore della tradizione che però non mi andava, per lo scarso contrasto col nero.

Il disegno con le colombe, che la tradizione attribuisce alla coperta di Jacopa dei Sette Soli, è nel detto libretto e fu uno dei lavori più impegnativi a punto Assisi che feci… Certo niente in confronto a quello che rividi anni e anni dopo allo stand dell’Associazione Accademia del Punto Assisi, alla prima edizione della fiera Italia Invita a Parma.
Solo ora, che ho accostato il lavoro a stuoia alle colombe, mi accorgo di quanto siano simili in stile. Come si muovano con la stessa grazia quei riccioli.
Mai saprò se sono state le Colombe a offrirmi un modello di grazia, oppure se io scelsi le Colombe perché quello era il mio gusto. O ancora se ora ho scelto il soggetto dell’Edizione del Paganini perché, avendo sotto gli occhi tutti i giorni le Colombe, si sia fossilizzato in me lo stile.
Fatto sta che vedo questa continuità che, in un gioco di seduzioni reciproche, forse mi influenza quando, nel tentativo di imparare a scarabocchiare, traccio quei riccioli a filza e a palestrina di corredo alle rose.