Quando ricominciai a portare l’attenzione al mare, e ricamato il pezzo con le conchiglie, successe che la stella marina decisi all’ultimo di non ricamarla con cinque triangoli a rammendo volanti, ma a punto pieno.

Non ricordo bene come, ma il colore della stella e il suo rilievo mi avevano indotto a cercare un’iniziale fronzoluta e mossa dalle onde, da ricamarsi come fosse un reperto di spiaggia immerso nell’acqua.
Per sfidare la Cesarina ne avevo presa una bella difficile.
Eh!
Furba…

L’inferno degli scoli
Dove per scoli, in gergo locale, si intendono quelle deliziose insenature tra i rilievi dei rami delle iniziali a punto pieno, che richiedono una certa accurata preparazione e che rimangono deliziosi soltanto se ne devi ricamare al massimo… Uno.
Così, mentre la Cesarina se la rideva e io soffrivo per una sfida nata persa per eccesso di orgoglio, ricamavo a suon di musica.
Ma facciamo un passo indietro.
Torniamo alla pittura. 
Volevo il blu del mare e il rosso della stella marina. 
Leggevo un libro sulla pittura intuitiva e, seguendo le raccomandazioni dell’autrice, mi era presa sul serio, a lavorare senza un fine preciso,
per inseguire solo il piacere, l’istinto, e l’osservazione dei moti dell’animo. 
Non avevo trovato la macchia perfetta e avevo accettato l’imperfezione.
Avevo evocato una struggente profondità abissale primordiale. 
Lo ritrovavo ogni volta che aprivo le pieghe, nei giorni successivi. 
Un piacere prolungato.
Con il ricamo, nelle profondità primordiali si era accesa una luce.

Ascoltavo vecchie canzoni.
Era perfetto…
Mi ero sorpresa
a cogliere lo stesso struggente moto viscerale che mi aveva evocato la pittura. 
Erano una cosa sola. 
Avevo ritrovato nel colore mattone e in alcune sfumature
verdastre quelle note nostalgiche della canzone, con il suo dramma dello sfiorire della giovinezza;
la rabbia e l’esasperazione nel mescolarsi travagliato dei
colori;
una nota intrigante nei riccioli che si staccano con grazia ribelle;
la
nota poetica e consolante nella luce dei fili posati e allineati con la perizia che rende
giustizia a quello sfiorire. 
Le canzoni avevano fatto da interprete per tradurre un
linguaggio che era già tutto lì. 
Ehm…
No.
L’ago ricurvo in foto non è una cosa seria.
Mi ricordava semplicemente un amo ed esasperava la scena marina.
Mentre facevo la foto, sogghignavo un po’ maliziosa al pensiero che qualcuno potesse pensare che fosse il segreto per il punto pieno…