Avrebbe dovuto esserci il mare sullo sfondo, ma per ovvi motivi devo accontentarmi del pezzetto di giardino, che è già una gran cosa.
E’ successa una cosa interessante.
Quando due giorni fa ho postato il lavoro in corso, si è innescata una divertente discussione sul colore del mare, che a detta della maggioranza poco ci azzeccava con i verdi. Sono in parte d’accordo, ma quello che ha attratto maggiormente la mia attenzione è stata la frequente puntualizzazione sull’aspettativa di colori meno accesi.
Che quel blu da me non se lo aspettavano.
Mi ha fatto ricordare di una delle tante volte in cui ho sparato una battutaccia e il mio interlocutore, con un misto di stupore e disapprovazione, mi ha fissato assicurandomi che da me non se lo sarebbe mai aspettato.
Non vorrei farla troppo grossa (potrò sempre scusarmi poi con gli effetti della reclusione forzata e della scarsa ossigenazione), ma ho il sospetto che nella vita e in particolar modo nel ricamo, rimaniamo ancorati a degli stereotipi, che facciamo fatica a scalfire.
Quando un evento esce troppo dagli schemi, ci sorprendiamo.
Fin qui vabbé, ci cado spesso anch’io per inerzia e tutto sommato non ci trovo niente di strano.
Quello che mi sorprende, ma solo perché mi coinvolge, è il tipo di immagine che evoco e che disattendo.
Dai commenti, in questi anni, ho la sensazione che mi si attribuisca una finezza e sobrietà di colori, che a me non sembra affatto di avere. Magari a volte azzecco qualche combinazione e, per il fatto che propongo diverse soluzioni di colori, ora soddisfo qualcuno con colori tenui, ora tal altro con sfumature più accese.
Voglio arrivare a dire che, in realtà, mi sono forse soltanto concessa la libertà di non aderire ad un modello e di provare a fare e a postare tutto quello che mi passa per la testa (orrori nefandi a parte), senza il bisogno di farmi attribuire un’etichetta, se non forse di quella che ricama principalmente iniziali e scritte, ma che comunque sgarra. Ho una certa patologica refrattarietà alle etichette.
Non sarò quella che ricama tenui palette perché ha un gusto raffinato e neppure quella che ricama colori sgargianti perché è esuberante. Anche se forse in casa mia metterei il bianco su bianco, ricamo a colori, perché nei colori vedo che si accende un qualcosa di motivante. Non vesto a colori, ma trovo bellissima Anita con colori improbabili. Ma non perché è Anita. Magari anche la sconosciuta, perché a lei sta.
Siamo tutto e ogni giorno qualcosa di diverso e dagli errori o dalle combinazioni azzardate, sbagliate o azzeccate, impariamo qualcosa.
Quel blu lì è il blu di quel mare là.
In questo lavoro non cercavo l’armonia, ma la registrazione di un ricordo.
Come avrete notato, il 739 mi è bastato, ma ringrazio tutte le anime preoccupate, che mi hanno fotografato la propria scorta per venirmi in soccorso!
Alfredo ieri ha rischiato ulteriormente la vita: riordinando tra urla e strilli la sua scrivania, ho scoperto una bobina di filo da pesca clandestina. Il bellimbusto aveva visto bene di prolungare la lenza frugando tra i miei filati. Ho contato quattro matassine di filo n°25, arrotolate con minuziosa cura.
Lui sì sa azzeccare i colori…
Mi ha irrimediabilmente scippato i più belli. Ditemi voi cosa gli devo fare…
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Elisabetta