La Patrizia dice che le faccio quasi tenerezza in versione estiva. 

Non capisco del tutto bene perché, ma forse sì. Forse non le dimostro più la confidenza di sempre, grazie alla quale le insolenze scivolavano senza grazia e venivano recapitate al mittente senza ricevuta di ritorno, con un affetto manifesto che strappava lacrime di commozione a tutti.

Il problema è che quando non ci si vede da un po’, la distanza genera il dubbio e alimenta l’imbarazzo. E le parole che affiorano alle labbra hanno perso quello smalto che consentiva loro di vincere i tempi della tua centralina di controllo della censura e infine perdi quella deliziosa arte della provocazione istintiva, che hai impiegato anni ed anni ad affinare nelle trincee della dura vita di madre e moglie. Nonostante tutto ciò suoni rassicurante, questo mi ha negato il lockdown. Sono diventata una triste e gentile signora, che dispensa saggezze non richieste, incapace di qualsivoglia irriverente sarcasmo. 

E alla Patrizia è bastato un post per rendersene conto.

Ho riunito i ragazzi sul tappeto del salotto e ne abbiamo seriamente discusso. Sono preoccupati anche loro. Dunque da oggi inizieremo un percorso di recupero, che prevede un tuffo nell’universo social dei teenagers e dal quale dubito che ne uscirò integra.

Pare poi che entro breve avrò un faccia a faccia con la Patty e qualcuno dei miei registrerà il duello alla Clint Eastwood. Anita, che ci sa fare, aggiungerà anche la colonna sonora.

Nel frattempo ecco il risultato della sfida precedente. Non torno indietro a controllare il contratto, perché secondo me qui ci sono più bacche del dovuto. Se lo facessi dovrei scatenare l’inferno e non posso perché sono ancora in modalità estiva.

E visto che l’estate ancora non è tramontata, mi permetto di giocarmi un’ultima carta.

Nel libro Il silenzio è cosa viva, Chandra Livia Candiani, riferendosi all’inchino che precede la meditazione, scrive che… E’ bello avere un gesto che si ripete ogni giorno, è come avere una cornice che resta ferma e al suo interno possiamo notare come tutto cambi, dentro e fuori di noi. Tenendo fermo il gesto, notiamo che un giorno lo facciamo con commozione, un giorno con rabbia, un giorno di fretta, un giorno siamo innamorati e un’altra volta non lo siamo più, la vita ci ha toccato a fondo, la vita sembra trascurarci, e con tutto questo scorrere di eventi e di stati d’animo, insieme a tutto questo, noi ci inchiniamo. 

E noi ricamiamo. 

Non vorrei che questa passasse per una parafrasi irriverente. Lo sento. E lo so che chi ricama da sempre lo sente. 

Sono cambiate tante cose, ma il gesto di afferrare l’ago ruotando la cruna per farvi scivolare la gugliata è rimasto lo stesso, nonostante la me che mutava nel tempo e il tempo che mi scorreva intorno.