Avevo promesso grande serietà, tecnicismo, niente nostalgico romanticismo e zero inutile ricerca del senso della vita.

Dunque oggi solo punto palestrina, in tutte le salse.

Parto dalla G fotografata lassù…

La Patrizia scoprirà, in questo preciso momento (e poi io dovrò scontare la mia leggerezza a suon di messaggi vocali), che ho ingrandito il suo alfabeto e cambiato il colore dello stelo-corpo dell’iniziale. Cioè, in sostanza, non l’ho ricamato come uno stelo secco, perché volevo provare questa stucchevole versione rosa, dove per stucchevole intenderei in realtà qualcosa di molto più romantico, che però ho promesso di non ostentare.

L’idea, come al solito, è di offrire alternative. Ramo secco a punto erba o morbido cordoncino a palestrina che sia, l’alfabeto è ricamabile e spero presto disponibile. La mia testa sta lentamente ricomponendo il puzzle di quest’estate Patrizia& me.

Ma ho promesso il punto sul punto palestrina ed ecco le varianti a calibro variabile…

Il punto palestrina della G è a due fili, come la maggior parte dei miei lavori più o meno recenti. Ecco invece un bel palestrina a tre fili, tridimensionale e ciccione:

                                 

E uno a un filo, minuto minuto, che qualcuno in fiera ha disapprovato per l’idea perversa di ricamarlo:

Tre calibri, un’unica difficoltà: la tensione del filo. La tensione del filo nei tre movimenti: altissima, fino quasi allo svenimento, nel primo; e lieve, quasi nulla, tenera e amorevolmente controllata negli altri due. Ci ricasco sempre, lo so. Capisco la vostra frustrazione. Ma se entrerete nel mood, il punto palestrina scivolerà lieve.

Sempre e solo monocromatico, come certe correnti estremiste propongono?

Certo che no. Noi nel mood ci lasciamo sedurre dai guizzi della luce e finiamo per cercarli, magari optando per un filo sfumato (un Coloris DMC in questa foto):

Oppure variando di proposito i colori, dopo averne selezionato una sequenza….

Su quest’ultima idea vorrei concentrare i miei sforzi, nel prossimo palestrina’s day. Ma c’è anche il gigantismo, che cresce in me come ossessione da un po’ e finché non ci avrò provato non riuscirò a dormire la notte. Che tanto non è che io dorma più di tanto, di questi tempi… Ma col palestrina c’entra solo se io a causa del sonno non riesco a tenere la linea. A questo proposito vorrei precisare che uno degli errori più frequenti (se errori si possono chiamare le licenze poetiche di una mano poco allenata che cerca l’equilibrio) è l’altezza del punto, che va perpendicolare alla linea disegnata. Io prendo un po’ sopra e un po’ sotto la linea. Se il nodo vi viene tanto piccino (e non vi intenerisce più di tanto) potreste aver pizzicato poca stoffa. Se sopra e sotto il nodo vedete spuntare un corno parte per parte… Avete esagerato.

E per il momento col palestrina mi fermo, perché ronza un messaggio vocale, ma vi lascio con un palestrina nostalgico – non posso farci niente, perdonatemi!… – quello del Valtopina e del Ricamare l’Umbria, nonché viaggio nel mio passato.