Sognando, come dicevo, le stagioni passano.
Dei memorabili giorni delle verdi querce di Dresda, restano oggi i cumuli di foglie che gli ultimi venti freddi spazzano. Resta anche dell’altro, a dire la verità. E resta anche il dramma che, essendo sopravvissuta, mi hanno iscritto ad una nuova impresa. Probabilmente per farmi fuori. Ma non divaghiamo.
Quando l’autunno, e a seguire l’inverno, procedeva a grandi passi, io ricamavo in verde, rischiarata da una certa luce soave, e nessun gelo mi turbava.
Poi un giorno avevo notato le chiome dorate rade, ma tenaci, delle querce cugine del lago di Garda. Era già inverno inoltrato e gironzolavo su un’alta via a strapiombo sul lago.
Pare che le querce tengano strette a sé le proprie foglie secche, fino a che non è ora di fare spazio a quelle nuove.
Avevo cercato di fare qualche foto, ma il vento probabilmente credeva di avere qualche diritto sul copyright e nella calma piatta, ogni volta che sollevavo lo schermo e scivolavo il dito sullo scatto, scatenava la tempesta sulle foglie, ma la mia messa a fuoco, su un centinaio di tentativi, ha avuto la meglio…
Poi mi sono lasciata prendere un po’ la mano…
Googlando immagini di querce autunnali, mi era balzata sullo schermo quella rossa, americana, audace e sfrontata, bellissima. Ho fatto finta di non notare che le foglie sono molto diverse da quelle della roverella che ho disegnato io e le ho rubato il colore.
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