Vi raccontavo che avrei fatto il viaggio per Vinovo con il trattorino motorizzato di Alfred.
Ahimè! Non ricordavo che del motore c’era la sola sagoma di plastica: avrei dovuto pedalare grottesca col groppone carico di ricami esposti alle intemperie, abbarbicata come un ragno sul minuscolo quadriciclo!
Sarei anche arrivata a farlo, se solo il mio cellulare non avesse profetizzato squarci di cielo, grandine e stormi di avvoltoi in astinenza alimentare.
Mi serviva un autista e Orso colse subito al volo l’occasione per farsi un viaggetto. Non è nuovo di ricamo, perchè solitamente mi accompagna nei corsi, sorvegliando vigile col suo occhio inquietante l’evolversi della faccenda e studiando la giusta occasione per fregare i cestini del pranzo.
Siccome veniva Orso, doveva aggiungersi anche la Gabry…
Vinovo si preannunciava un disastro.
Mi ero tanto raccomandata che andasse a letto presto! Ma lui si era fatto sedurre dai ritmi indiavolati del funky e aveva trascorso la notte tra balli sfrenati e birra doppio malto.
Così la mattina successiva aveva consegnato il volante alla Gabry e in men che non si dica, a Soave, già russava come un orso. Non mi concesse neppure la soddisfazione di reagire alle mie battutine sceme al passaggio su Caorso, perchè, riverso immobile sul sedile posteriore, appariva come un innocuo peluche.
Prima di svenire addormentato, ci aveva apostrofato con spudorato scherno, avvertendoci di invertire il senso di marcia qualora avessimo sentito parlare in napoletano…
Con la macchina che tuonava come una discoteca (per coprire i versi di Orso in preda a sogni confusi) sfrecciammo come un razzo di fuoco alla volta di Vinovo.
Delle tre ore previste ne bruciammo due, nonostante le otto pause carburante della Gabry (macchè benzina… Caffè!)
Solo un piccolo errore vanificò il nostro vantaggio.
Noi siamo donne tutte d’un pezzo. A noi il navigatore ci fa un baffo. Non ci facciamo dare ordini da una donna sconosciuta che potrebbe indossare una 42.
No! Ce la possiamo fare da sole. Basta stampare una Google mappa che si risolva in una linea che collega Verona a Torino.
Insomma, mica è colpa nostra se a Moncalieri alberga un buco nero. Vinovo , e-vi-den-te-men-te, era stato inghiottito. O per lo meno le indicazioni stradali.
Chiedemmo a un ragazzotto che faceva jogging beato, di indicarci la strada:
Parlava in napoletano…
Orso sbattè le palpebre.
Il dubbio ci pervase.
Chiedemmo ad un muratore che intonacava fischiettando una belle crepa su di un muro rosa:

Aveva un accento croato…
Orso si rizzò a sedere.
Ci fermammo con le lacrime che sgorgavano a fiumi nel cortile di un fioraio e ci attaccammo alla giacca di un uomo annoiato dall’attesa della moglie che studiava le foglie di un geranio. Ci ignorò e poi si girò impietosito, regalandoci uno squisito accento torinese e la svolta verso la salvezza…
Orso con un ruggito ricominciò a russare.
Prese dal piacere di fare nuove conoscenze, chiedemmo dove si trovava il castello a una signora che si gustava il mercato e lei, con la pietà mista a derisione nello sguardo, indirizzò molto lentamente il suo dito oltre le nostre spalle, per farci capire, spietata, che ci avevamo parcheggiato davanti.
Non saprò mai che accento avesse.

Nella prossima puntata, Orso allestisce lo stand e ne prende possesso, sobrio, divorando in un sol boccone il cartello col mio nome. Stay tuned!