Ancor prima del gran fiore rosso e delle mie avventure con la colla tra i capelli, avevo ripreso in mano l’ago sottile sottile con cui ricamare a punto pittura. Per il resto, ricamato a due fili, oppure con il 25, dicono che io usi tronchi. E ci hanno ragione.
Era da parecchio che non ricamavo a pittura, o raso che sia (e se c’è una differenza ancora non l’ho capita, ma per i miei fini è irrilevante – scanso equivoci, per i puristi, io ho adottato la tecnica di Trish Burr).
Ho scoperto una cosa importante.
Se mollo un punto pieno per un po’, quando ci torno non mi sorprendo ad imprecare di aver perso la mano. 
Anzi! La paura delle conseguenze dello scarso esercizio destano i miei sensi e rifocillano la mia attenzione, con una resa spesso migliore degli ultimi punti, scoccati a noia. 
So bene che c’è ancora molto da migliorare, ma insomma non vedo arretrare il traguardo raggiunto.
Il punto pittura mi scompensa. E’ più facile realizzare un buon lavoro a punto pittura, che un buon lavoro a punto pieno. Il gioco dei colori e l’intreccio dei fili mascherano piccole inesattezze e un occhio poco allenato troverà assai gradevoli molti lavori a punto pittura anche se imperfetti (se mai si potrà parlare di perfezione in quest’ambito). Il punto pieno invece è impietoso e un ottimo lavoro, che presenti  qualche imperfezione, si trasforma irreparabilmente in un discreto lavoro e vedrete, in una persona con animo gentile, un incresparsi delle narici e un serrarsi delle labbra molto eloquenti. La persona meno gentile vi dimostrerà quanto la sa lunga dichiarando che di strada ne avete ancora da fare. In realtà credo che il punto pieno richieda una gran dose di esercizio, ma che, dopo una certa esperienza, sia come l’esibizione dei campioni olimpici: per quanto possano essersi allenati, tutto si gioca in quei cinque minuti, in un concentrato di attenzione, stato d’animo, fortuna. Noi abbiamo il vantaggio che possiamo disfare tutto, ma spesso la frustrazione è così alta che il secondo risultato finisce per essere peggiore.
Però io volevo parlare del pittura.
Dicevo che la tolleranza del pittura è maggiore. Tutti ci si possono buttare e, nonostante, inspiegabilmente, sia antipatico a parecchi, io consiglio di provarci almeno una volta, per sfatare il mito della sua difficoltà. Riscuoterà grande approvazione!
Ho scoperto però che la conservazione dei traguardi raggiunti in termini di finezza della lavorazione, capacità di fondere le tinte e posa dei fili adatta a far brillare le superfici, richiede un costante allenamento… Purtroppo.
Oppure semplicemente non ho raggiunto traguardi consolidati. Vi farò sapere.
Nell’eseguire questo particolare ricamo, dopo aver battuto la fiacca per mesi, mi accorsi di quanto poco le mani andassero per conto proprio e di quanto fossi critica e infelice di quello che stavo facendo. Nel prossimo post mostrerò la prova successiva, in cui mi sentii più a mio agio, soltanto perché tornavano familiari i movimenti e soprattutto l’occhio ritrovava la sua strada. 
L’avevo progettato come campionario per il corso sul punto pittura, ma quest’estate dovrò cercare un soggetto nuovo e più adatto allo scopo. 
Provocatoriamente feci riprodurre al corso i petali di questa Hepatica, copiandoli dalla foto. Nei post dedicati al pittura avevo già accennato a come avessi trovato più interessante, e per certi versi più facile, copiare da una foto, anziché da un disegno acquerellato o dipinto. Appoggiarsi ad una foto ci aiuta a infondere tridimensionalità al disegno nella scelta dei chiaro-scuri e ci impedisce, allo stesso tempo, di riprodurlo fedelmente, a causa della sua difficoltà: siamo dunque costretti a semplificare, ma in modo naturale (rispettando la sequenza dei colori). Credo invece che copiare i punti di altre ricamatrici possa risultare più difficile e fuorviante.
Evito di soffermarmi sulla puerile licenza artistica che mi sono concessa nel disegnare le foglie a fiocco e torno all’esperienza della colla tra i capelli.
Con il pittura sono ancora in fase di campionario. scelgo il soggetto, ricamo il soggetto. Que serà, serà.
Ma per portarlo ai corsi, ci dovevo fare qualcosa.

Le nottate a suon di Messenger con Sophie mi avevano acceso la smania da cartonaggio e mi ero ripromessa che non sarei passata ad un modello successivo fino a quando non fossi riuscita a cancellare tutte le macchie dalla scatola tutorial. E così, lentamente, sto imparando ad organizzarmi. Direi che il segreto sta proprio nella compartimentazione delle zone colla.
Spazio sul tavolo, pazienza e raziocinio. 

Eppure la cerniera ancora trema.
Mi sa che dovrò farne un’altra ancora.