Il lockdown è scivolato silenzioso.
Avevo il libro da finire e la didattica a distanza su cui disperarmi.
Nei momenti di sconforto mi isolavo al PC in cerca di un non so che cosa, che un giorno è arrivato…
Ho scoperto Domestika e i corsi on-line di illustrazione.
Ne ho acquistati un paio per Anita e ho finito per seguirli io.
Ho adorato la serietà dell’impostazione e la qualità dei contenuti.
Quasi tutti gli autori sono di origine sudamericana, ma i sottotitoli sono in inglese e laddove il mio inglese langue, il portoghese supplisce e mi fa sghignazzare.
Non ho disegnato, se non quanto basta per farmi disperare.
Ho ascoltato e cercato di dirottare il metodo al ricamo.
Scorrendo l’offerta mi sono fatta sedurre da altri corsi e dopo il terzo è arrivato il quarto e a tutt’oggi posso dichiararmi definitivamente assuefatta. Ne sono dipendente, ma per il momento non ho alcuna intenzione di disintossicarmi. Dalla gestione di Instagram al lettering e dalla fotografia alla formulazione di un modello imprenditoriale per creativi.
C’è anche una sezione dedicata al ricamo e al “craft” più in generale.
Con mio grande stupore ho incontrato Karen Barbè, di cui già due o tre anni fa avevo acquistato il libro (Colour confident stitching). Ho scaricato il suo corso e riscoperto il suo metodo, direi finalmente intuendolo più profondamente. Mi sono obbligata a costruire i campionari che raccomanda e lentamente sto assortendo i miei pantoni.
Tutto ruota attorno ad un concetto che avevo appreso con il mio campionario delle conchiglie e più in generale dedicandomi al punto pittura: l’occhio ha bisogno di allenamento.
C’è chi nasce con una spiccata sensibilità al colore e chi, come me, ha bisogno di educarla.
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