Trasferimento del disegno per ricamo sulla stoffa

Quando mercoledì 15 mi ero chiusa la porta alle spalle, dopo aver ripiegato la stoffa e riposto i filati, ero tornata alla mia realtà quotidiana, fatta di tante cose belle e brutte, invischiate le une nelle altre, collose: che mi si appiccicano addosso. E fatico a scrollare e a scacciare le cose brutte perché, come minuscoli insetti, si insinuano dappertutto e fanno tana tra i pensieri.

Così avevo presto dimenticato il mio breve e surreale viaggio e, peggio, lo avevo liquidato come sciocco scherzo della mente. Una banale allucinazione che avrebbe dovuto preoccuparmi, se solo avessi avuto tempo.

Dunque ero tornata qualche giorno dopo alla mia seggiola, dimentica di tutto, sebbene pervasa da una certa gaiezza che non mi spiegavo. Avevo tirato fuori dal cassetto la mia lavagna luminosa, che collego ad un carica batterie per praticità: ho capito da tempo che se devo far fatica a recuperare gli strumenti adatti, finisco per adottare strategie da pigrizia fallimentari. Una volta la mia lavagna luminosa era una scatola trasparente dei Ferrero Rocher (bella piatta e liscia, allietata dalla scorta di cioccolatini) con dentro un paio di lampadine da armadio (a pile). So che tante usano il tavolo di vetro, sotto il quale far scivolare una lampada o il suo braccio flessibile. Ciò che conta, ovviamente, è una fonte luminosa sottoposta ad una base di appoggio. Come ben tutti sanno, i vetri delle finestre sono crudeli e non amano il nostro lavoro: faranno svanire l’inchiostro dalle penne e distorceranno il drittofilo, solo perché non amano essere toccati. Ignoriamoli…

Solitamente traccio con un pennarello nero gli assi di centratura del disegno sulla carta (gli assi ortogonali, passanti per le due metà del disegno) e una serie di assi accessori, utili a mettere il disegno in drittofilo. Qui il più utile è la linea che congiunge le due estremità superiori del cuore. Io non li ho tracciati e li ho solo immaginati per esperienza e quindi non li si vede nelle foto operative, ma li avrei disegnati così (in blu l’asse accessorio):

Traccio sulla stoffa gli assi ortogonali, appoggiando sulla metà di un margine uno spillino, che impugno con la mano destra mentre la sinistra solleva la stoffa: così facendo si produrrà lo scorrimento della punta dello spillino tra due trame (per non distorcerle non bisogna esercitare troppa pressione) e si stamperà una leggera traccia, come fosse una piega perfetta e delicata. E lo ripeto sul margine adiacente. Tanti ricamano delle filze preparatorie.

Tracciati gli assi ortogonali su carta e stoffa li sovrappongo sulla lavagna luminosa e la accendo. Solo allora posso controllare l’asse accessorio: striscio lo spillino per controllare se la linea cade tra due trame e, se così non è, tiro leggermente la stoffa per portarla in posizione. In questo particolare disegno presto attenzione all’asse verticale e all’asse accessorio.

Disegno sulla stoffa con una Papermate Replay Premium, che è una di quelle penne ad inchiostro termosensibile che vengono usate dai bambini a scuola come penne cancellabili. Ricordo sempre che il ferro da stiro cancella il tratto solo apparentemente e che pertanto io uso le penne cancellabili con prudenza, laddove so che il ricamo coprirà tutta la traccia. Non mi piace la Frixion (molto in uso qui in Italia) perché al lavaggio risulta essere molto più resistente della Papermate. Un’alternativa è la matita con la mina, che sporca poco, ma che tende a svanire per sfregamento mentre si lavora.

Così dunque, come faccio sempre, ho iniziato a trasferire il disegno di Natale sulla stoffa, nella mia stanzetta, al calore del fuoco che proprio allora iniziava a intiepidire la stanza. E al procedere della mano sulla stoffa e allo srotolare dell’inchiostro sulla tela, la finestra, che ora aveva preso la forma della sagoma che stavo tracciando, tornava a rubare il mio sguardo. Un grosso spicchio di luna si rifletteva sulle acque placide del lago e riluceva sui riflessi cristallini della neve. Le luci più calde alle vostre finestre regalavano alla mia visione l’aspetto di un presepe. Riuscivo a scorgere delle mani in movimento, in forma di saluto, che ricambiavo entusiasta. C’è questa magia del sentire comune, che riscalda il cuore e motiva, anche quando tutto sembra inutile ed effimero.

Mi ero distratta. Dovevo procedere con il disegno e cercare di farlo nel modo più accurato possibile, perché, per quanto l’operazione possa sembrare noiosa e meno attraente dell’infilare presto l’ago, un buon disegno è la condizione primaria e necessaria ad una buona riuscita del lavoro.

Non avevo riportato i puntini della neve, perché mi pareva inutile e così pure il tratteggio del cuore, perché so che lo riporterò sul rovescio, dopo aver terminato il ricamo e ristirato la stoffa. Avevo aggiunto il disegno dei due piccoli addobbi, su un altro pezzetto di tela.

Mi ero concessa poi di avvicinarmi alla finestra per scrutare meglio la scena. C’erano orme di passi sui sentieri di collegamento tra le case, ma nessun varco per raggiungerli. Avevo allungato una mano fino a toccare il vetro della finestra: era freddo e reale.

Con un sorriso di segreto compiacimento avevo riposto i miei attrezzi e deciso di darci appuntamento a venerdì 24, per iniziare a ricamare.

Le cose brutte avevano fatto spazio ai pensieri.