Improvvisammo una gita sul Garda al ponte del primo maggio. Il bungalow era stato sapientemente costruito su una collinetta di San Felice del Benaco, al preciso scopo di permettere allo sguardo di abbracciare una quieta distesa d’acqua e di indurci a far riposare e raffreddare i cellulari, badare alle sciocchezze dei bambini, (a mollo stoici nella gelida piscina) e a concederci un giramento di testa con un aperitivo alcolico di troppo.
Ormai è mia abitudine, prima di ogni partenza, consultare l’oracolo: la mamma dell’amica giramondo di Anita, camperista di prim’ordine e fonte inesauribile di angoli di mondo meritevoli.
Aaaah, siiii! Andate anche a Toscolano Maderno, nella Valle delle Cartiere! E non fermatevi solo al Museo! Proseguite con il sentiero nella valle, fino alla Stretta dei Covoli. Là il torrente ha scavato la roccia e una passerella inchiodata alle pareti permetterà soltanto a voi e al torrente il passaggio nella Stretta. Vedi tu, poi, se lanciare giù il marito o uno dei tre.

Se questo fosse un blog di viaggi, avrei parecchio da raccontarvi e mi dilungherei nella cura con cui il Museo di Padova si è adoperato per valorizzare e proteggere i resti archeologici che testimoniano la lunga tradizione cartiera nella valle sin dal ‘300.
Passeggiando tra i ruderi protetti dalle intemperie con sobrie coperture, mentre Anita filmava gli angoli più oscuri per il film dell’orrore che prima o poi girerà, con un recondito moto di rabbia sconsolata, mi trovai a pensare a quanto potrebbe essere fatto per Pompei.
Ma questo è un blog di ricamo e non vi parlerei di Toscolano, se proprio lì, in ben due occasioni, il ricamo non si fosse manifestato ora con prepotenza, ora di rimando (da un po’ di tempo a questa parte, come avrete ben notato, ho sviluppato una certa abilità a distorcere la realtà per piegarla ai miei voleri…).
La sfortuna volle che in quel periodo i maestri cartai volontari non fossero disponibili per le visite guidate; la fortuna volle che uno di essi passasse di lì per caso e si facesse impietosire dalla presenza dei bambini, finendo per dedicarci dieci minuti intensi in cui raccontare come, nell’antichità, a Toscolano la carta si producesse a partire dagli stracci e in cui produrre, con sapiente destrezza, un foglio di carta filigranato.

Mentre i bambini si bevevano ogni sua parola e ogni suo ancestrale gesto, io mi attardavo nella sala con le vasche di macerazione degli stracci, per fotografare un cesto da cui sbucava un cencio orlato con una sfilaturina a rammendo e siglato con un paio di cifre a punto pieno, figurandomi l’ignobile fine di certi antichi logori corredi intessuti di vita, seppur nobilitati dal conseguente processo di trasformazione. E mi figurai i versetti di Dante impressi su una fu camicetta a intaglio, uscita dal cassettone della dote, e un trattato di medicina su un completo letto. E si mescolava il nostalgico rammarico di memorie di vita perdute, con un ossequioso rispetto per una raffinata economia di recupero che rinnovava tali memorie.

Rimando alla prossima settimana il secondo incontro con il ricamo, che mi indusse a macinare quei chilometri di punto erba fuggevolmente fotografato in testa al post. Così vi dirò da dove ho preso il raffinatissimo disegno. Vi svelerò anche chi dei quattro ho buttato giù…