E’ arrivato il momento di provarci da sola. 

E infatti ho avuto un paio di fine settimana di delinquenza, presa dalla paura di fallire miseramente. 

Il primo ho passato in rassegna tutti i miei bei alfabeti antichi, incapace di capire da quale partire e sul come abbinare i materiali: la testa prendeva gli alfabeti più attraenti e li ricamava in mille modi, oro escluso. Tant’è vero che nella settimana successiva ne avevo usato uno per il punto pieno, a cui a breve dedicherò un post.

Il secondo fine settimana, armata di buone intenzioni da primo dell’anno, avevo intelaiato il massiccio telaio acquistato dal maestro di oro sivigliano. Credevo che non ce l’avrei mai fatta e invece tutto sommato è andata. Certo non lo puoi usare come tavolo da carpenteria come quando lo tira lui, ma potrei definire la mia opera come la versione femminile gentile, più morbida e delicata. Un tavolo da trucco, ma pur sempre tavolo.

Presa dall’entusiasmo, avevo scarabocchiato una delle lettere gotiche che avevo usato per quel lavoro a punto pieno di cui raccontavo priva, dicendo tra me e me che o la andava o la spaccava. Alfabeto Sajou 135, che commenterò meglio nel prossimo post.

Avevo preparato l’imbottitura e ricamato gli spessori, ma non vi avevo mostrato nulla perché non sapevo quale orrore ne sarebbe uscito.

Questo fine settimana l’ho portata a termine e, nonostante tanto cambierei col senno di poi, l’insieme di errori e soddisfazioni mi spronano a pensare che ora della Z dovrei riuscire ad entrare in risonanza con il bagliore dei materiali.

La difficoltà più grossa sta proprio nel familiarizzare con i filati. Qui ho deciso di usare prima tutti quelli che ho, impostando il lavoro a campionario. Sapevo che quello che stavo usando aveva un calibro un po’ troppo grosso per questi spazi, ma voglio un inventario completo, dunque lo ho utilizzato lo stesso. Ho provato inoltre a lavorarlo col fusello, per evitare tutte quelle code di taglio dell’oro inglese, ma vedo che c’è una naturale irregolarità (mia mano inesperta?), che purtroppo altera la perfezione della giacenza del materiale. Prima di abbandonare la sfida voglio provare con diversi materiali. Confido che filati più sottili e meno rigidi si plasmino meglio.

Un altro problema sta nell’imbottitura. Laddove giace la canottiglia, forse doveva starci un bel rigonfiamento. Ci proverò al prossimo giro.

Belli i contorni, anche se quel blu non fa il giusto contrasto. Ho pescato il colore tra quelli che posso ammirare sulle pagine delle Miniature dei corali, il libretto acquistato al Duomo di Siena e che avevo già usato in quel mio primo lavoro dedicato a quel viaggio. Ho dunque deciso di dare al campionario questa restrizione cromatica e, trovando un po’ triste questa sparuta letterina incolore, ho pensato di aggiungere un motivetto ricamato a punto pittura e simili, perché in fondo il mio obiettivo con l’oro è quello di riuscire a metterlo a servizio del ricamo classico, per il quale nutro più interesse.

Quindi questa sarà la sfida successiva… Niente di che, disegnato forse un po’ maluccio. Ma il mio mantra è: la B verrà meglio della A.